Come fare una camicia rinascimentale: Introduzione
Introduzione
Come citato nell’introduzione, lo scopo di questo blog è
prima di tutto fornire le basi e la possibilità di costruirsi autonomamente il
proprio armamentario teatrale, o da grv o da rievocazione o per ognuna di queste occasioni, che preferisco.
Ora, partendo dal presupposto che costume teatrale, da GRV/ LARP e costume
storico sono profondamente diversi ma che il primo e il secondo prendono ampiamente spunto dal terzo, penso di poter classificare la camicia come uno degli indumenti più utili e più
largamente utilizzati nei due ambiti insieme alla tunica (da cui la camicia
deriva).
A seconda della tipologia possiamo ottenere degli effetti
diversi, ma in linea di massima la camicia rinascimentale è:
- versatile;
- riesce ad attribuisce un aspetto "storico" facilmente intuibile;
- duratura e di facile manutenzione perché confezionata di
solito con materiali tenaci e resistenti a lavaggi prolungati, quali lino e
cotone.
Insomma, ci aiuta a calarci nella parte, sia quella di un
personaggio o di un figurante e anche a un occhio non esperto, appariamo
immediatamente collocati in un’epoca diversa dalla nostra.
Questo argomento è diviso in tre post: il primo è dedicato
alla descrizione storica della camicia rinascimentale, il secondo al suo
cartamodello mentre il terzo alla sua confezione.
Non mi rimane che iniziare…
Buona lettura!
Prima di affrontare la realizzazione di un prototipo di
camicia rinascimentale, ho pensato di fare un passo indietro e ricercare la camicia
nel suo ambiente primigeno.
Nel periodo della sua ascesa, quale era il suo stile principale? Perché aveva una forma rispetto a un’altra e come si collocava nel pensiero comune? Molti di questi aspetti verranno in parte chiariti anche quando affronterò il cartamodello...
Nel periodo della sua ascesa, quale era il suo stile principale? Perché aveva una forma rispetto a un’altra e come si collocava nel pensiero comune? Molti di questi aspetti verranno in parte chiariti anche quando affronterò il cartamodello...
Le informazioni che
seguono sono tratte principalmente dalla storia del costume inglese del XVI
secolo la cui bibliografia ha ampiamente documentato l’argomento con minuzia di
particolari e che per questo motivo scelsi come argomento di tesi. Le fonti
spesso risultano talmente precise che concedono la possibilità di realizzare
abiti completamente filologici e fedeli ai pezzi originali, peculiarità che per
alcuni libri di testo risulta innegabilmente essere l’obiettivo primario .
Camicia
rinascimentale Inglese
Nel XVI secolo in Inghilterra era in pieno fiore la
rinascenza inglese, cambiamento immortalato da un’evoluzione netta nella storia
del costume : questo è il periodo delle gorgiere, dei bustini, dei farsetti e
delle braghette maschili con cui la nobiltà inglese amava ritrarsi.
Entrando nello specifico, la camicia (detta “shirt” se
maschile e “smock” se femminile) era un indumento fondamentale a qualsiasi
outfit: in primo luogo era un elemento comune a tutte le classi sociali, ma diversificata
nei materiali, nel taglio e nei ricami.
Questa diffusione e centralità nell’abbigliamento era dovuta
alla sua funzione: costituiva il primo strato, ovvero quello maggiormente a
contatto con la pelle. Doveva per questo possedere una buona traspirabilità in
modo da assorbire il sudore proteggendo l’abbigliamento esterno solitamente
realizzato in lana (e quindi più delicato e difficilmente pulibile).
Per questo motivo le camicie erano nella maggioranza dei
casi confezionate in lino, materiale confortevole, assorbente, resistente
all’usura e di facile manutenzione, caratteristiche che venivano così trasmesse
anche all’indumento in questione.
Come accade anche oggi, il taglio degli indumenti intimi
variava a seconda dell’abbigliamento esterno: maniche attillate di farsetti e
abiti significava minor spazio disponibile e quindi l’ampiezza della manica
della camicia risultava contenuta; viceversa, abbondanti maniche permettevano
generosi sbuffi sui polsini e sulle frangiature.
Data la semplicità del taglio, le camicie erano impreziosite
da ricami e pizzi indistintamente nel guardaroba di entrambi i sessi: nello
specifico la camiceria inglese era nota per il pizzo al tombolo e il ricamo a
blackwork.
La realizzazione della biancheria era una prerogativa
femminile (al contrario delle altre professioni sartoriali che erano quasi
esclusivamente maschili) anche nella nobiltà: era comune infatti che le dame
sapessero ricamare e talvolta confezionare camicie e accessori per se e per i
propri mariti.
Culturalmente, attorno alla camicia ruotavano numerose
tradizioni ed usanze:
“While Henry VIII. Edward VI and later James I
were on the throne, for those not expected to give plate or purses full of gold
coins as a New Year’s gift, a handsome shirt seems to have been the preferred
choice.”[1]
In poche parole nell’ambiente di corte, coloro che non potevano
offrire liquidità al sovrano durante le occasioni di festa, erano soliti
offrire una camicia ben fatta al regnante: di fatto oltre a risultare un dono
costoso costituiva anche un oggetto di forte valore simbolico, che racchiudeva
nella sua realizzazione un’abile maestria e lunghi tempi di lavorazione.
Costituiva quindi un vettore perfetto per la comunicazione di legami, alleanze
e sentimenti…
“Katherine
of Aragon had always made Henry VIII’s shirts and continued to do so, even
after divorce proceedings against her had been set in motion.”[2]
Questi valori simbolici insiti nella cessione di questi doni
erano destinati a durare molto tempo: corredi e abiti, erano mantenuti
funzionali innumerevoli anni, recuperati, modificati e riparati, trattati con
una tale cura e considerazione da essere riportati negli inventari degli stati
patrimoniali e nelle eredità.
La camiceria era però considerata all’epoca come un elemento
di natura intima, e per questo veniva raramente mostrata nella sua interezza. Infatti:
“Despite detailed descriptions in inventories
and accounts, it is not easy to find images of shirts in paintings. Where a man
is shown without any outer garment to cover the shirt, and his history is
known, it appears to record a traumatic event and to be a mark of suffering,
illness or distress.”[3]
Effettivamente, nella maggioranza della iconografia la
presenza della camicia è testimoniata dai colletti e dai polsini fluenti ed
marcatamente arricciati che escono dagli abiti e dai farsetti: essendo proprio
gli unici punti visibili della camicia una volta indossata erano le aree in cui
i ricami e le decorazioni erano maggiormente concentrate.
Pare che l’unica
eccezione a questa rigida regola di buon costume, fossero le occasioni sportive
in cui a un Gentiluomo era concesso togliere farsetti e soprabiti per una
maggiore comodità nei movimenti.
Di maggiore “elasticità” godevano invece le classi sociali
più umili: manovali e braccianti mostravano spesso interamente le maniche delle
camicie come anche le donne: altrettanto spesso la camicia intima era anche
impiegata come camicia da notte, tranne per coloro che potevano permettersi di
possedere due indumenti distinti per ciascuno scopo.
…Ma in Italia?
Incredibile ma vero, ho fatto una certa difficoltà a
reperire informazioni riguardo la moda italiana sebbene sia dal punto di vista
artistico, una delle epoche in cui la nostra cultura si è distinta in maniera
netta ed inequivocabile sul panorama europeo.
E’ infatti importante notare che la Rinascenza Italiana è
contestualizzabile dal XV fino al XVI secolo, in largo anticipo rispetto alle
altre nazioni che accolsero l’onda di rinnovamento quasi un secolo dopo, quando
già nel nostro Paese era in declino…
Oltre a verificarsi con precocità in Italia, il Rinascimento
produsse anche linee d’abiti e fogge caratteristiche e originali solo della
nostra penisola, distaccandosi dal Medioevo europeo in numerosi aspetti,
distanziandosi visibilmente nello stile dalle mode artificiose che sarebbero
imperversate nel resto d’Europa di lì a poco (in cui rientra anche la moda
Inglese).
In sintesi, lo stile “Rinascimento” si ispirava alla
filosofia e alle forme ellenistiche: la cultura greca e romana proponevano
tratti essenziali, semplici ma estremamente raffinati. E’ il periodo della
ritrattistica riflessiva, di Leonardo da Vinci, dell’affermazione delle centri
come centri culturali laici.
Questo equilibrio era rispecchiato in una struttura corporea
pienamente rispettata dall’abito, sobrio nella forma ma estremamente complesso
nei particolari.[4]
La camicia rinascimentale, il cui colore preponderante era
il bianco costituiva un elemento fondamentale dell’outfit dell’epoca: era
confezionata con tessuti finissimi e leggeri, arricciata e ricamata nella
scollatura. Era progettata ampia e morbida in modo tale che potesse uscire in
piccole profusioni di tessuto da aperture e tagli presenti sull’abito superiore
situati a livello delle spalle, dei gomiti, degli avambracci. Come già
accennato era visibile anche sulla scollatura del corpetto e sui polsini.[5]
In linea generale, anche se non specificato, penso che si
possano applicare gli stessi prerequisiti delle camicie inglesi, anche a quelle
italiane: di fatto costituivano ugualmente elementi intimi che “accudivano” il
corpo distaccandolo dai preziosi abiti esterni. Valevano sempre quindi i
concetti della tenacità, della qualità dei filati e dei tessuti, la facile
manutenzione, l’assorbenza ecc.
Come nella camiceria inglese, anche in quella italiana,
sussistevano lievi differenze tra camicie maschili e femminili: decori, ricami
e pizzi erano comuni a entrambi i sessi e spesso, anche gli stessi cartamodelli
variavano solo nella lunghezza (le camicie maschili risultavano più corte) o
nell’ampiezza.
***
Detto ciò, spero le informazioni vi siano tornate utili :D…per inesattezze/chiarimenti/approfondimenti/chiacchiere contattatemi!
A presto con il tutorial della camicia!
ps: Questo l'indirizzo della mia pagina facebook con i miei lavori e le altre illustrazioni!
Visitatemi!
Un altro paio di maniche
ps: Questo l'indirizzo della mia pagina facebook con i miei lavori e le altre illustrazioni!
Visitatemi!
Un altro paio di maniche
[1]
Janet Arnold, Jenny
Tiramani e Santina M. Levey Pattern of Fashion 4”, Macmillan editrice (Londra 2008), pag. 9.
[2]
Janet Arnold, Jenny
Tiramani e Santina M. Levey Pattern of Fashion 4”, Macmillan editrice (Londra 2008), pag. 9..
[3]
Janet Arnold, Jenny
Tiramani e Santina M. Levey Pattern of Fashion 4”, Macmillan editrice (Londra 2008), pag. 9..
[4]
Giorgio Marangoni, Evoluzione Storica e
Stilistica della Moda, Volume I, Edizioni S.M.C s.a.s., 1997, Milano, pag. 226
[5]
Giorgio Marangoni,
Evoluzione Storica e Stilistica della Moda, Volume I, Edizioni S.M.C s.a.s.,
1997, Milano, pag. 227
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