Il Costume Araldico Maschile: la Surcote
La tunica bipartita
Per riscontrare le prime
testimonianze inglesi della tunica bipartita (in inglese Parti-color), la prima antenata del costume
araldico, dobbiamo andare a ritroso nel tempo, fino all' XI secolo: queste fogge
erano divise verticalmente, aventi tinte contrastanti solitamente
corrispondenti ai colori del casato, riservati infatti all'uso prevalente da
parte dei valletti. [1]
Dal Regno di Edoardo II si
riscontrò la diffusione di abiti aventi i colori dei blasoni familiari alla
nobiltà e ai cortigiani che, pare, ne avessero promosso la tendenza in modo
"indiscriminato" portando ulteriori novità: compare infatti l'usanza
di alternare al colore opposto ulteriori elementi dell'abito (es. la metà rossa
dell'abito aveva la manica o una gamba bianca mentre la metà bianca una parte
rossa). Questa moda si estese di riflesso anche alle donne, per le quali la
storia ci mostra che l'abito araldico trovò grande fortuna e apprezzamento.
Già dal regno di Edoardo III,
abiti bipartiti e alternati erano stati formalmente accettati e si erano
diffusi in tutte le classi sociali e in tutte le età.
E’ importante considerare il
fenomeno anche da un altro punto di vista: è possibile infatti che l’usanza di
combinare pezze di colore contrastante a uno stesso abito fosse comparsa
fortuitamente, nella riparazione di abito di valore, sostituendo le parti
danneggiate con tessuto diverso da quello originale dando vita a un risultato
apprezzato e successivamente diffuso come moda.[2]
Nel contempo si affaccia sullo
scenario Europeo una novità simbolica che accompagnerà le più importanti
famiglie nobiliari e clericali fino al giorno d'oggi: l'Araldica.
Si fa riferimento alla nascita di
questo sistema grafico al XII secolo, periodo in cui si diffuse l'usanza delle
Giostre cavalleresche e nel contempo, secolo in cui le forze militari europee
si mobilitarono per le Crociate.[3]
La Surcote
La prima Crociata (1096-1099)
risultò un banco di prova per l’equipaggiamento dei suoi partecipanti: il
contatto con nazionalità e gruppi etnici mai incontrati dalla maggior parte
degli europei fino ad allora, aveva mostrato punti deboli e forti della tecnologia
militare dell’epoca. Così tra la prima e la seconda crociata troviamo una forte
evoluzione degli elementi che costituiranno armamentario medievale per
eccellenza.
Si diffuse massicciamente
l’usbergo, l’evoluzione della cotta di maglia di ferro (elemento la cui origine
è molto antica e la cui paternità è attribuita ai Celti del V secolo a.C.)[4]
la quale si era estesa massicciamente sul corpo: l’usbergo copriva il braccio e
parte della coscia mentre gli arti inferiori erano protetti dai chausses, braghe
costituite con la stessa tecnica a maglia metallica. Il clima torrido e
inospitale dei territori di Gerusalemme e dei territori limitrofi,
evidenziarono la parzialità di questo equipaggiamento: il ferro dell’usbergo
creava migliore protezione delle precedenti armature in cuoio, ma poneva la
resistenza fisica dei crociati a dura prova.
Per questa ragione fu adottato
l’impiego di una copertura in tessuto, che aveva il compito di proteggere il
soldato dalla calura e l’usbergo dalla ruggine, chiamata in inglese surcote.
Realizzata in tessuti
leggerissimi in seta o in lino, inizialmente erano confezionate soltanto di
bianco: gli elmi dell’epoca coprivano interamente il volto del soldato,
condizione che rendeva difficoltoso riconoscere l’indentità del crociato.
Si pensa che questa fu una
condizione determinante al successivo abbellimento delle tuniche con l’araldica
e i simboli di appartenenza, ispirandosi anche all’usanza già consolidata negli
eserciti musulmani. [5]
Questa veste militare era
comunemente tagliata come la cyclas [6] il prototipo di derivazione della
tabarda e della surcote (fig.2 modello a sinistra): rispetto a questa, la
surcote si presentava più ampia, la cui lunghezza raggiungeva metà polpaccio
mentre la cyclas raggiungeva come lunghezza il ginocchio e a volte era
caratterizzata dall’avere il davanti più corto rispetto al dietro (fig. 1: disegno centrale). Entrambe
erano raccolte alla vita attraverso la cintura a cui era affisso il fodero,
creando un panneggio voluminoso sul bacino.
Dal XIII secolo in poi questa
tipologia di tunica iniziò a differenziarsi nel colore, per distinguere spesso ordini cavallereschi
diversi: ad esempio “Luigi IX era accompagnato da 40 cavalieri dalle surcote
soltanto verdi”.[1]
In questo stesso periodo si inziò
a riportare non soltanto il colore ma anche i simboli araldici riportati sugli
scudi, estendendosi per tutta la superficie dell’abito che fungeva da “campo”
(field: termine araldico per definire la base colorata entro cui si posizionano
gli elementi)[2].
Questa pratica portò a una
variazione della consistenza dei materiali utilizzati: le surcote divennero più
sostenute, in quanto dovevano ospitare ricami e applicazioni, divenendo così
anche più preziose e ricercate; comparve inoltre la foderatura con colori
contrastanti.
In questa trasformazione,
l’ampiezza iniziale diminuì e i tagli si fecero molto più precisi, dovendo
corrispondere a precise esigenze di stratificazioni e di pattern concatenati,
portando come già accennato, a vere e proprie opere d’arte, soprattutto per quegli indumenti indossati dai sovrani, quali ad esempio Enrico III per il quale fu
realizzata una "cyclas di seta con il simbolo reale ricamato in oro".[3]
Nel XIV secolo la surcote diventò
più aderente al corpo, stringendosi sulle spalle e sul petto (ove spesso veniva
leggermente imbottita), mentre le falde inferiori si iniziarono ad accorciare fin
sopra il ginocchio: questa variazione di surcote venne chiamata jupon.
In fig. 1 sono mostrati tre esempi di monumenti funerari appartenenti alla nobiltà, in cui è ben visibile il modello della surcote, in due varianti (una classica e quella centrale con differenziazione tra davanti e dietro nella lunghezza) e un esempio di Jupon a destra.
In fig.2 è mostrato un schema di surcote che ho riprodotto a partire dallo schema a pag. 320 di Medieval costume and Fashion. A destra ho rielaborato in chiave fantasy il modello che sarà più aderente ispirandosi allo jupon ma mantenendo le falde larghe della surcote. Questo schema verrà riutilizzato in seguito per la realizzazione pratica di una tunica araldica.
In fig. 1 sono mostrati tre esempi di monumenti funerari appartenenti alla nobiltà, in cui è ben visibile il modello della surcote, in due varianti (una classica e quella centrale con differenziazione tra davanti e dietro nella lunghezza) e un esempio di Jupon a destra.
In fig.2 è mostrato un schema di surcote che ho riprodotto a partire dallo schema a pag. 320 di Medieval costume and Fashion. A destra ho rielaborato in chiave fantasy il modello che sarà più aderente ispirandosi allo jupon ma mantenendo le falde larghe della surcote. Questo schema verrà riutilizzato in seguito per la realizzazione pratica di una tunica araldica.
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Fig. 1: Esempi di Surcote e di Jupon: questi esempi sono tutti derivanti da statue o bassorilievi funerari. |
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Fig. 2: Cartamodello storico di surcote a sinistra e di un modello riadattato di jupon a destra. |
[1] Herbert Norris, Medieval costume and Fashion, Dover
publications, (Usa, 1999), pag. 318
[2] Herbert Norris, Medieval
costume and Fashion, Dover publications, (Usa, 1999), pag. 318
[3]
https://it.wikipedia.org/wiki/Araldica#Storia
[4]
https://it.wikipedia.org/wiki/Usbergo
[5]
https://it.wikipedia.org/wiki/Araldica#Storia
[6] Herbert Norris, Medieval costume and Fashion, Dover
publications, (Usa, 1999), pag. 151
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