Il costume araldico femminile

 

Il costume araldico femminile

Dalla sua nascita e dalla sua applicazione alla sfera vestimentaria militare, questo linguaggio non tardò molto a estendersi anche all'abbigliamento femminile: pare che furono le dame francesi le prime che adottarono l’usanza di decorare i loro abiti con i blasoni araldici(1).
In particolare, oltre ad ostentare l’araldica dominante di appartenenza, la dama medievale, a seconda della sua funzione e ramo genealogico, poteva apportare il proprio contributo all’arme in varie modalità e di conseguenza, farne sfoggio sui suoi abiti. Con l’affermarsi del codice araldico dal XII secolo iniziò a risultare importante infatti trovare soluzioni grafiche per riportare non soltanto uno stemma ma una connessione tra più armi, testimoniando in questo modo un legame di varia natura.
Tra i numerosi motivi che potevano condurre a tale scelta vi era in primo luogo il sottolineare,
per esempio, l’importanza di un matrimonio.
Ottfried Neubecker nel suo “Araldica: origini, simboli, significati” afferma che “stemmi del genere
servivano ai discendenti per una nuova unione di armi, se la madre era erede di un Paese o almeno
di un titolo”(2).
Se inizialmente le donne non erano insignite della possibilità di portare un’arme, le perdite dovute
alle frequenti guerre nel XIII secolo estesero, non troppo raramente, la responsabilità di successione
anche alla componente femminile delle famiglie, soprattutto nei Paesi in cui non vigeva ferreamente
l’esclusiva successione maschile.
Nelle araldiche inglese per esempio, determinate simbologie permettevano anche di attestare la condizione vedovile: in linea generale in uno stemma divisato, l’arme di sinistra appartiene all’elemento più importante, che continua Neubecker “[...] è del marito nel caso di due coniugi.”(3)
Concentrandoci nuovamente sul nostro argomento, le occasioni tipiche per poter dare sfoggio di questi capi multicolore (secondariamente alle funzioni ufficiali) erano costituite dalle giostre e dai tornei che nei secoli di fioritura dell’araldica erano eventi molto popolari: attraverso la presenza di numerose personalità infatti, queste festività concentravano la partecipazione di altrettante fanciulle e signore che potevano essere mogli, figlie, parenti o conoscenti legate ai cavalieri contendenti in gara (4).
Come è facile intuire, ciascuna desiderava vedere il proprio cavaliere trionfare nella contesa e l’abito araldico era una dichiarazione di affiliazione diretta nel caso di parentela o una manifestazione indiretta di supporto nel caso di un contendente esterno alla famiglia: non era raro infatti che una fanciulla portasse i blasoni di un cavaliere al quale volesse dichiarare semplicemente la propria attenzione e simpatia.

Quello che sappiamo è che l'usanza femminile di apporre i blasoni sugli abiti nel XIII secolo si era già ampiamente diffusa non solo nell'ambito dei tornei e delle giostre ma anche ad altre occasioni mondane e di festa.
In particolare possiamo riscontrare nell’abbigliamento femminile medievale europeo quattro tipologie principali di tagli su cui venivano combinati i blasoni araldici: mantelle, guarnacche, sorcotti e tuniche.
Il mantello araldico comparve circa alla fine del XIII secolo come capo di sfoggio del blasone: come nella sua controparte maschile infatti, questo indumento era il taglio più utilizzato per le funzioni formali tantochè il manto rimase in uso tra le nobildonne come indumento ufficiale per ulteriori 50 anni dopo che tale ornamentazione sulla guarnacca e sul sorcotto erano già cadute in disuso.
Le informazioni riportate, basandosi principalmente sul testo "The medieval costume and fashion" , riguardano prevalentemente i dettami della moda inglese e le linee guida riscontrate in generale in Europa, ma nel testo di Federico Marangoni "XIV secolo, l'abbigliamento femminile in Italia" si fa riferimento alle testimonianze dei capi inventariati di Eleonora d'Angiò, consorte di Federico III d'Aragona, in questi termini:

[...] Il primo mantello elencato presenta le insegne araldiche dei due sposi, ed è di pregiato sciamito bianco, con ricami di perle e pietre preziose [...]: si tratta probabilmente di quello da utilizzare nelle cerimonie, quando la regina affiancava il re: in tali occasioni venivano indossati abiti che simboleggiassero il potere reale e lo esprimessero attraverso la profusione di gioielli e l'araldica degli stemmi familiari (5).

La superficie del manto rappresentava nella struttura del blasone lo scudo, sul quale venivano posizionate le figure.
Se erano presenti due simboli impalati (ossia due armi posti l’uno accanto all’altra), la linea di demarcazione coincideva con il centro dietro del mantello che risultava così “divisato”.
La forma semicircolare costituiva il cartamodello più diffuso per questa tipologia di indumento e rimase in uso dalla fine circa del XIII fino alla metà del XVI secolo.
Come punto di riferimento è stato analizzato il modello impalato raffigurato nell’incisione funebre di Lady Tiptoft: sul lato sinistro è riportato l’effige inglese mentre sul lato destro, con particolare eccezionalità, il blasone olandese di provenienza materna (6).


Fig.1: Effigie funeraria di Lady Joan Tiptoft (1470)
Chiesa di Enfield, Middlesex.
Illustrazione tratta da The monumental brasses of England di
Charles Boutell e R. B. Utting, pag. 138


Partendo da questo esempio possiamo porre attenzione sulle modalità in cui le figure venivano modificate appositamente per il mantello: infatti dato che le figure di partenza si collocavano orizzontalmente, quando posti in un campo semicircolare assumevano come punto di riferimento la linea parallela alla circonferenza che come conseguenza portava a una distorsione del disegno. In particolar modo l’arme si ampliava a mano a mano che si allontanava dallo scollo, effetto che veniva otticamente attenuato nel momento in cui il mantello veniva indossato e l’ampiezza dell’orlo si raccoglieva nelle pieghe (7).
Questa modalità era più complessa nel momento in cui si voleva riportare infatti un solo un blasone in quanto aumentava il grado di distorsione del disegno.
Nelle stesse modalità con cui si applicava l’impalamento, veniva utilizzata l’inquartamento, ovvero la divisione in quarti dello scudo, che nel caso specifico del mantello portava a una minore distorsione delle figure, maggiore era il numero di quarti adottati.



Fig. 2: Miniatura raffigurante Sir Geoffrey Luttrell,
insieme alla moglie (figura sulla sinistra) e la nuora (a destra)
proveniente dal manoscritto Salterio di Luttrell 1340 circa


Quasi sempre abbinata alla mantello araldico vi era il sorcotto. Dal 1370 circa fino all’inizio del XVI secolo, questi due indumenti costituivano il completo ufficiale delle donne di alto rango: questi possono essere visti nelle incisioni funebri alla memoria delle grandi dame fino alla fine del XVI secolo (vedi illustrazione di lady Tiptoft). Su questa tipologia d’abito, il blasone veniva posizionato sul davanti e sul lato della gonna: il drappeggio produceva un effetto simile a quello di mantello latino detto paludamentum. Dalla metà del XIV secolo, quando il sorcotto iniziò a passare di moda tra gli abiti femminili, si passò ad apporre i blasoni sulle guarnacche. Come per quanto visto per il mantello, anche nel sorcotto e nella guarnacca era necessario modificare le proporzioni delle figure per coprire il più possibile l’ampiezza della gonna. Nella guarnacca due blasoni impalati avevano la loro linea di demarcazione sul centro davanti (al contrario di quanto visto per il mantello per esempio) da cui si estendevano le figure sul fianco per poi ricongiungersi sul centro dietro (8).
Raramente questa tipologia di foggia prevedeva l’abbinamento del mantello araldico.






Fig. 3: Schema riassuntivo rappresentante le principali tipologie di abito araldico femminile:
A: Sorcotto (Cyclas), l’illustrazione rappresenta Lady Aspremont raffigurata nel manoscritto Aspremont Horae, 1285.
B: Guarnacca (Cotehardie). Per la sua rappresentazione ho utilizzato una delle dame presenti nel “Les tres riches heures du Duc de Berry” 1412-16 Fratelli Limbourg.
C: Manto araldico (Mantle): l’illustrazione trae spunto da Fig.1 in cui figura il manto araldico di Lady Tiptoft.
D: Seconda forma di Sorcotto araldico smanicato, in una forma più attillata rispetto ad A rappresentante Lady Luttrell, moglie di Sir Geoffrey Luttrell, fig.2 in cui si possono osservare due stemmi “impalati”: a sinistra l’arme Luttrell mentre a destra l’arme paterna della moglie, allocata parzialmente a causa dell’ampia smanicatura della veste.



(1) Hebert Norris, Medieval costume and fashion, Dover publications, USA, 1999, pag: 328
(2) Ottfried Neubecker, Araldica: origini, simboli, significati, pag. 234
(3) Ottfried Neubecjer, ivi
(4) Hebert Norris, Medieval costume and fashion, Dover publications, USA, 1999, pag. 328
(5) Federico Marangoni, XIV secolo, l’abbigliamento femminile in Italia pp. 59-60
(6)Effigie funeraria di Lady Joan Tiptoft (1470) Chiesa di Enfield, Middlesex.
Illustrazione tratta da The monumental brasses of England di Charles Boutell e R. B. Utting, pag. 138
(7) Hebert Norris, Medieval costume and fashion, Dover publications, USA, 1999, pag. 331

(8) Hebert Norris, Medieval costume and fashion, Dover publications, USA, 1999, pag. 332








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